Una giornata calmissima, i preparativi per l’immersione al largo della costa toscana tra Vada e Castiglioncello, la barca in balìa di una dolce corrente, l’acqua trasparente; ad un cero punto avvisto ed osservo alcuni rifiuti (plastica e legno) dalle dimensioni abbastanza consistenti: sotto di essi sembra stazionare un pesce ma non riesco a capirne l’identità in quanto parzialmente nascosto ed all’ombra della “casa galleggiante”.
Una volta in acqua appare chiaro il profilo di una cerniotta che non gradisce molto il fatto di essere disturbata anche se solamente a fini fotografici: cercare di toglierle il “tetto” per ritrarla con la luce solare (mancadomi il flash in quel momento) non porta a risultati iconografici molto soddisfacenti. Il soggetto in questione è comunemente chiamato “cernia di fondale” ma anche “cernia dei relitti” o “cernia della cassetta”: nel primo caso l’appellativo è giustificato dal fatto che essa vive comunemente dai 100 ai 1000 metri di profondità spesso in fondi rocciosi; nel secondo caso la giustificazione deriva dal fatto di avere l’abitudine a rimanere intanata anche in relitti affondati mentre il terzo caso la vede protagonista della strana abitudine (connessa all’alimentazione?) giovanile di salire in superficie e rimanervi sotto materiale vario galleggiante alla deriva, che sia composto da tavole o cassette di legno, da materiali plastici o altro ancora.
Il Polyprion americanum ha un corpo massiccio, poco compresso sui fianchi, e una bocca da “politico” con mandibola prominente; i denti sono conici e robusti ma non molto sviluppati. Per riconoscerla come specie si deve osservare la grossa e caratteristica protuberanza che compare all’altezza della pinna anale e dei raggi molli della pinna dorsale. Il margine della coda è arrotondato nei giovani e tronco negli adulti. La colorazione (vedi foto) è bruno-violacea con macchie chiare e scure nei giovani; negli adulti scompaiono le macchie e diviene bruna con sfumature violacee su dorso e fianchi.
La specie (ordine Perciformi, famiglia Serranidi, genere Polyprion) può raggiungere ben 2 metri per oltre 50 kg. Oggetto di caccia anche da parte dei sub, abitualmente è pescata con palamiti di profondità innescati a Molluschi, Crostacei e pesci come Donzelle. Sembra comune nel Tirreno e lungo le coste siciliane. Le carni sono molto apprezzate. I nomi dialettali più particolari vanno dalla Scarpena de sasso oppure de salvadega a Trieste, all’ Addottu di Reggio e Palermo, al Dottu di Siracusa, a Luxerna (adulto) e Pampanotto (giovane) di Genova.
La specie è distribuita in vaste aree geografiche a livello mondiale.